Domenica 20 Dicembre alle 20.00 nella Chiesa Monumentale Santa Chiara.
Lo spettacolo, prodotto dal Teatro del Segno, è la prima tappa di una ricerca biennale con la quale la compagnia affronta le contrapposizioni tra massimo profitto e sicurezza nel lavoro.
Giacomo Serra è una leggenda. Cosi ne parlano i personaggi che lo raccontano tra le righe scritte da Sergio Atzeni.
“ …se nel tuo cammino in galleria trovavi un tratto di armatura costruita a regola d’arte, quella era opera di Giacomo Serra …Aveva leggi sue… A quel tempo c’era il sistema dei cottimi, non contava la qualità del lavoro ma la quantità. Lui ci perdeva denaro e settimane, e si faceva nemici i sorveglianti, ma nessuna armatura sua aveva mai sepolto nessun minatore …“
Prendendo spunto a queste righe e proiettandole sul presente, nasce il bisogno della domanda di questa domanda, “Chi era? Ma soprattutto, è possibile ancora essere Giacomo Serra? Al di là della leggenda, quanto è possibile, ora battersi nel mondo del lavoro contro il “cottimo” che non è imposto dalla “direzione” ma dal mercato, dal ribasso, dal subappalto. Questo è lo spettacolo cerca di compiere, trovare tra le pieghe delle parole di Sergio Atzeni, Giuseppe Dessi e altri che hanno raccontato il cottimo alla fine degli anni trenta nelle miniere in Sardegna. Quanto c’è di quel “cottimo” ora nelle fabbriche, nei cantieri, nelle industrie o nelle campagne italiane.
In un impianto scenico essenziale, quasi scarno, prende corpo lo spettacolo, attraverso una narrazione asciutta illuminata dalla luce fioca di una lampadina ad incandescenza che penzola, talvolta dal soffitto di una cucina, dietro la finestre di un paese impaurito, nelle stanze disadorne della stazione dei carabinieri o nel profondo di una galleria.
Con questa semplicità di segni, e di linguaggio gli attori danno la voce ai personaggi tratteggiati da Sergio Atzeni e Giuseppe Dessì, dispiegando davanti al pubblico le azioni, i suoni, gli avvenimenti, le immagini e le emozioni della storia. Così, direttamente tra il pubblico, annullando le distanze tra personaggi e spettatori, il “teatro” accade, raccontando come la vita possa fermarsi e si fermi, sospendendo il fiato, ogni volta che la terra trema, ogni volta che il lavoro-miniera decide di prendersi il suo tributo, o meglio ogni volta che il cottimo di allora, come il massimo ribasso o il subappalto di adesso, presentano il conto a chi è costretto ad abbracciarli per i bisogno “ di campare i miei figli ”.
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